Libertà

da Finimondo

«Cento volte respinti, intraprendiamo per la centunesima volta l’attacco. Veramente! questi sono cattivi profeti, che proclamano la morte dell’anarchismo! Finché esisteranno sfruttamento e servitù, esso non potrà morire».
Con queste parole un giornale anarchico iniziò la sua pubblicazione più di cent’anni fa a Zurigo, e queste sono le parole con cui anche noi vogliamo iniziare il nostro Aufruhr (tumulto, rivolta). I tempi sono cambiati, e con essi anche le forme di servitù, tuttavia la nostra idea di libertà senza compromessi è rimasta la stessa. Una libertà che è inconciliabile con qualunque forma di dominazione, sia essa dittatoriale o democratica, brutale o sottile, materiale o mentale. Ed è questo desiderio ardente di libertà, non come lontano ideale, ma qui e adesso, che ci porterà eternamente sul sentiero della ribellione…

Un compagno d’avventura di Spartaco

Come molti, se non quasi tutti, siamo per la libertà. Ma allora, visto che la nostra società pretende basarsi sul principio di libertà, perchè ci troviamo e ci troveremo sempre in conflitto con essa?
Questo conflitto, che del resto è sempre esistito in forme differenti, nasce da una comprensione radicalmente differente del significato di libertà; parola che, nel corso della storia, ha sempre destato confusione in quanto ha assunto significati differenti a seconda del contesto sociale e delle persone che l’hanno utilizzata.
Se volgiamo lo sguardo al passato, possiamo vedere come nell’antichità, nelle società greca e romana, la libertà corrispondesse per una parte della popolazione al concetto di cittadino (della polis o della Repubblica). Un uomo considerato libero era quindi un uomo che partecipava alla vita politica della società; ad esempio nelle polis greche, fonti d’ispirazione della nostra moderna democrazia, l’uomo libero partecipava alle assemblee, funzionanti con un sistema di democrazia diretta, per decidere del destino della propria città. L’uomo libero per esistere necessitava però del suo opposto, lo schiavo: un individuo che non essendo considerato un essere umano non poteva decidere della propria vita e che tramite il proprio lavoro liberava l’uomo libero del tempo necessario per “fare politica”. Per un’altra parte della società, quella degli schiavi, la libertà assumeva invece un significato differente. Questo significato non stava nel diventare cittadini, ma al contrario nella negazione della propria condizione di schiavi, una negazione che implicava anche la negazione dello stesso concetto di cittadino; esso consisteva nel riottenere la facoltà di poter decidere della propria vita. Queste idee contrastanti di libertà furono alla base delle insurrezioni degli schiavi che hanno caratterizzato soprattutto l’epoca romana, in cui per gli schiavi gli unici modi di negare la propria condizione erano o la fuga o la ribellione aperta, armi alla mano, contro la società.
Anche se sicuramente molte cose sono cambiate, al giorno d’oggi ci troviamo di fronte allo stesso dilemma.
Da una parte il significato di libertà viene definito all’interno della nostra società come possibilità limitate e garantite dalla stessa società attraverso leggi generali o una morale comune. Possibilità che, come si può facilmente intuire, dipendono dalla nostra posizione all’interno della società (posizione sociale, prestigio), che aumentano con la nostra disponibilità di denaro e con il nostro status sociale: chi è più ricco ha più possibilità (materiali, culturali e di svago), differenti da quelle di chi non possiede niente che viene condannato alla sopravvivenza e all’assenza di vere e proprie scelte. Chi non accetta la propria miseria e si ribella contro l’attuale stato di cose, viene isolato e imprigionato. La libertà degli uni significa quindi la privazione di libertà e lo sfruttamento degli altri.
Dall’altra parte invece abbiamo la libertà, di cui parliamo noi anarchici, che è qualcosa di totalmente differente. Non si tratta di un aumento delle scelte possibili ma, al contrario, dell’espressione di tutte le possibilità, possibilità differenti, che possono schiudersi nel rapporto con gli altri. Si tratta quindi di un assoluto e non di un concetto quantificabile, una totalità o, in parole più semplici: o si è liberi o non lo si è. Non si può essere più o meno liberi, come per uno schiavo una catena più lunga non può significare essere meno schiavo. La nostra libertà è qualcosa che non può essere rinchiusa all’interno di leggi e regole valide per tutti, ma qualcosa che nasce dal libero accordo tra individui.
Com’è facile comprendere, una libertà simile non può esistere senza mettere in discussione il mondo in cui viviamo ogni giorno e scontrarci con esso. Questa è la stessa constatazione che hanno fatto, più di duemila anni fa, Spartaco e i suoi compagni d’avventura mentre si ribellavano contro la Repubblica romana. Una lezione del passato, da cui forse ancora oggi possiamo imparare qualcosa…

[Aufruhr, n. 1, Zurigo, novembre 2012]

Questa voce è stata pubblicata in Anarchia, Cultura, Rivolte. Contrassegna il permalink.