19 ottobre 2012 – Presentazione di “Pensare altrimenti” e dibattito con l’autore @ Circolo Pink (VR)

Elèuthera Editrice presenta:

venerdì 19 ottobre
ore 18.30

circolo pink
via scriminani 7 – verona

presentazione di
pensare altrimenti
anarchismo e filosofia radicale del ‘900

dibattito con l’autore
salvo vaccaro
docente di filosofia politica – università di palermo

Scheda del libro: http://www.eleuthera.it/scheda_libro.php?idlib=287

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13 ottobre 2012 – Manifestazione a Ravenna // CMC – DEVASTATORI DELLA TERRA

Pubblichiamo di seguito l’appello per la manifestazione:

In ogni parte del mondo le lobby finanziarie, politiche e mafiose aggrediscono, depredano e devastano usando l’ormai insostenibile alibi del progresso e la promessa di una “crescita del lavoro”, con la complicità dei governi. Accade in Centroamerica, in Africa, in Asia come qui, in Italia. Le situazioni di attacco ai territori ed alle loro ricchezze sono innumerevoli.

Da Nord a Sud non è possibile elencare tutti gli scempi.
Dalla Valle di Susa, passando per il Mugello, arrivando fino in Sicilia i grandi affaristi violentano la terra cementificando, perforando, scavando e inquinando.

Calpestano la possibilità di una vita libera, felice e condivisa, sacrificandola alle logiche di poteri forti che muovono fili invisibili per asservirci ai loro scopi: i loro profitti, quelli che non bastano mai. Fra i responsabili spiccano Impregilo, Eni, Todini e non ultima la C.M.C. di Ravenna.

L’unico modo che abbiamo per contrastare queste mire rapaci e devastanti è costituire aggregazioni sempre più allargate e diffuse, rendendo evidenti le opposizioni e rendendoci conto che noi siamo più di loro e che solo uniti possiamo sconfiggerli.

Il primo appuntamento è per Il 13 ottobre a Ravenna, dove manifesteremo contro la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC) che, dopo essere stata artefice in questi anni di numerose devastazioni sul territorio italiano, si accinge a realizzare il tunnel geognostico alla Maddalena di Chiomonte in Val di Susa. Un’azienda che fra i vari progetti distruttivi, vuole realizzare un cantiere rifiutato da decine di migliaia di residenti nella Valle e da un Movimento che ormai è presente in tutta la penisola e oltre confine. In gioco non ci sono solo le spartizioni legate al T.A.V., ma soprattutto altre logiche decisionali ed autoritarie come il dimostrare che se il PD (che è dietro la CMC) e qualunque altro partito politico decidono qualcosa, nessuno può permettersi di dissentire, di opporsi, di resistere.

L’azione di opposizione critica, di lotta e di disobbedienza, delle comunità e dei territori infatti mette in discussione gli stessi meccanismi del potere, gli equilibri dello scambio clientelare e mafioso.

Queste le ragioni per cui è importante che tutte le persone che vogliono impedire la devastazione del pianeta Terra partecipino a questa prima manifestazione per rilanciare l’opposizione alla lobby trasversale degli affari.

Individui e realtà in lotta contro nocività e devastazioni dei territori

Ci vediamo a Ravenna!

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Per info e adesioni: nocmc13ottobre@gmail.com

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Saint-Imier: Incontro Internazionale dell’Anarchismo (8-12 agosto 2012)

Pubblichiamo di seguito uno degli articoli più interessanti tra quelli pubblicati dalla stampa anarchica e libertaria sull’ Incontro Internazionale dell’Anarchismo, tenutosi a Saint-Imier, in Svizzera, dall’ 8 al 12 agosto scorsi. L’articolo è tratto da Sicilia Libertaria.

di Pippo Gurrieri

Saint-Imier lontano lontano…

Nel percorrere gli ultimi chilometri di un viaggio che dall’assolata terra di Sicilia ci portava alle fresche montagne del Jura Bernois, ci veniva in mente quell’articolo degli anni ‘50 di Franco Leggio per “L’Agitazione del Sud”, resoconto di un avventuroso viaggio nella Sardegna impervia, titolato Samugheo lontano lontano. Anche Saint-Imier sembrava lontano lontano, mentre le gole in cui si incuneavano le strade si facevano sempre più strette, salvo lasciare spazio poi a paesaggi da cartolina. E riflettevamo, in macchina, su come invece dev’essere sembrato il tragitto 140 anni fa a quei compagni che da ogni parte d’Europa confluirono in quest’angolo francofono della Svizzera occidentale, per dare vita alla rivolta antiautoritaria, all’Internazionale libertaria, in opposizione al golpismo marxista che aveva tentato di impadronirsi della Prima internazionale sottomettendola alle idee e alle pratiche autoritarie della corrente che faceva capo a Carlo Marx. Con i mezzi di locomozione e le possibilità economiche di allora, si spostarono fin quaggiù e in un albergo diedero forma e sostanza a quello che diverrà il movimento socialista anarchico.

In questo paesino lindo e preciso, ferito soltanto da alcuni lavori in corso nella via principale, risiedono quindi le nostre radici; le radici degli anarchici di tutto il mondo, che si incrociano con quella schiera di operai delle industrie di orologi, che rappresentano l’altra fonte di energia che la comunità rivendica, anche in maniera visiva, come si evince da alcune tabelle affisse nel centro, in cui l’immagine di Bakunin fa compagnia a quella dei fondatori della Longines.

La cosa più sorprendente, quello che non ci aspettavamo, è lo scoprire che questo passato non solo è rivendicato, ma in realtà non è neanche passato, perché le due storie continuano ad incrociarsi in questo piccolo centro di neanche 5.000 abitanti.

Energie libertarie

Il paese è piccolo, ma è più grande di altri vicini; Sonvilier, a 2 km, fu teatro di un altro congresso internazionale antiautoritario importante per la storia dell’anarchismo. Si incontra un Museo storico che espone orologi e antichi meccanismi dell’industria orologiaia, assieme a manifesti della rivoluzione spagnola; le vie principali sembrano quelle di una città più grande; vi è una bottega di commercio equo e solidale (Commerce èquitable), una Casa del popolo (Maison du Peuple), a dimostrazione di una forte e persistente tradizione cooperativistica; un grosso supermercato Coop (che ci sembra eccessivo per un paesino così piccolo), e poi, di fronte alla Bottega e a fianco della Casa del popolo c’è… Espace Noir.

Espace Noir

Come chi è andato a Carrara per la prima volta e in piazza Matteotti alzando gli occhi ha visto la grande insegna dei Gruppi Anarchici Riuniti – FAI appostata sul Teatro Politeama, e, nel più bello e centrale palazzo della piazza principale, così accade per Espace Noir (Spazio nero), la sede anarchica, che è anche teatro, biblioteca, sala mostre, bar e altro ancora.

E’ una palazzina di tre piani più una mansarda e un piano interrato, interamente proprietà dei compagni anarchici, che hanno costituito una cooperativa per l’acquisto e per la sua gestione. Esiste dal 1986, ed è il centro delle attività anarchiche sia nella zona che in tutto il Cantone di Neuchatel, oltre che nel limitrofo di Delemont.

Espace Noir è il cuore dell’organizzazione dell’incontro; pullula di compagni di ogni dove; il bar è sempre pieno, in una stanza attorno a diversi computer sono all’opera compagni con diversi compiti; si completano le liste dei volontari per i diversi bisogni dell’Incontro: pulizie, cucina, traduzioni, apparati tecnici, ecc. Vi è un via vai continuo; davanti alla sede stazionano decine di compagni; nel cortile alle spalle ve ne sono già centinaia. Leggiamo alla rinfusa nelle tante porte che si affacciano ai vari piani: stanza degli artisti, biblioteca dei giovani, sala riunioni, e così via. Il piano interrato è occupato da una grande stanza per dibattiti e concerti e da una sala per incisioni musicali.

L’invasione dei diavoli

Come in ogni incontro anarchico che si rispetti, c’è chi dissemina di luoghi comuni l’ambiente, mettendo in guardia gli abitanti dall’ arrivo dei vandali, dei diavoli. Non così i servizi radiotelevisivi svizzeri che annunciano l’Incontro con discorsi e interviste in genere corretti.

In effetti 4.000 anarchici che “invadono” un paesino di 4.500 abitanti potrebbero rappresentare un problema ovunque. Ma non qui, e questo sia per l’organizzazione, che, nonostante il gran numero – non previsto – di presenze, ha tenuto magnificamente, e sia per il comportamento dei compagni. Episodi sgradevoli, se ve ne sono stati, sono stati così marginali da non creare assolutamente alcun problema.

Semmai il paese è stato movimentato, vivo, ed anche economicamente i suoi esercizi commerciali (specie bar e supermercati) ne hanno risentito positivamente, al punto che il sindaco ha chiesto ai compagni se per caso l’anno prossimo rifacessero l’incontro.

Internazionali

L’Europa tutta era presente, con forti delegazioni specie da Spagna, Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, e altre minori dai paesi scandinavi ai Balcani, dalla Grecia alla Turchia, dai paesi dell’Est a tutto il Nord Europa. Gli italiani, alla fine, avremo superato il numero di 200, tra i quali una decina di siciliani. C’era tutta l’America Latina, dal Messico giù fino al Cile, c’era qualcosa dal Nord Africa, ma dieci compagni maghrebini si sono visti rifiutare il visto d’ingresso dalla Svizzera, come pure un compagno cinese; c’era qualche giapponese, dei sudafricani, dei kurdi.

La cosa più evidente era l’età: l’80% dei presenti erano giovani sotto i trent’anni; una constatazione che rendeva noi cinquanta/sessantenni contenti e speranzosi che il passaggio del testimone sia a breve cosa fatta.

I luoghi

La trattativa dei compagni locali con l’amministrazione municipale ha reso disponibili parecchi degli spazi che questa cittadina possiede: la Salle du Dojo per i vari ateliers (dall’autodifesa ai canti anarchici); la Salle St. Georges, praticamente il salone della chiesa protestante, per il congresso dell’Internazionale delle Federazioni Anarchiche; uno spazio scoperto dov’è stata montato il tendone della rete Anarkismo (comunisti anarchici); la saletta di Memoires d’Ici; la grande Salle de spectacle, teatro di concerti e assemblee generali, comprese quelle di apertura e chiusura; la saletta del consiglio, al piano inferiore della precedente; la Patinoire, la grande pista di pattinaggio coperta (interamente in Eternit, ma ci hanno detto, senza asbesto) con tanto di gradinate, che ha ospitato il Salone de Libro; e il Centro di Cultura. Oltre, ovviamente a Espace Noir. Per quanto le spese siano lievitate per l’utilizzo di tutti questi spazi, la loro resa funzionale con attrezzature tecniche e tecnologiche, i servizi in essi postati, è stata pur sempre una fortuna godere di questi luoghi che dalle nostre parti nemmeno una cittadina ben più grande possiede.

Dibattito continuo

Per rispondere a tutte le necessità e le richieste di discussione l’Incontro si è articolato con dibattiti a ciclo continuo in ognuno degli spazi, cosicchè si era davanti ad un accavallamento che imponeva ad ognuno dei partecipanti di dover selezionare a cosa assistere, tra i circa 90 appuntamenti prefissati e svoltisi tutti con una precisione… svizzera. Alcuni di questi erano delle vere e proprie maratone, come le tavole rotonde, e quella Anarcha-femminista in particolare, sviluppatasi per tutti i giorni, e dal secondo, in maniera separata dai compagni maschi, suscitando svariate reazioni critiche, anche da parte di molte compagne, ma che comunque si è legittimamente svolta mantenendo un tono polemico con certe contraddizioni patriarcali e maschiliste presenti – a loro avviso – nel nostro movimento.

Chi scrive può, per questi motivi, accennare al Meeting di apertura, che ha visto intervenire compagni delle delegazioni presenti, e nel quale ha svolto un intervento portando il saluto della Federazione Anarchica Siciliana e di Sicilia libertaria, e accennando alla lotta contro il MUOS in atto in Sicilia. Meeting nel quale sono intervenuti i giovanissimi compagni cileni, peruani, boliviani, che hanno parlato della repressione nel loro paese, o le varie delegazioni europee, ma anche diversi “cani sciolti”, auspicando tutti che lo “spirito di Saint-Imier” dia slancio ad un movimento anarchico in forte fase di rinnovamento generazionale e di adeguamento delle proprie tradizionali metodologie e strategie alla situazione attuale.

Interessante le discussioni aperte dai compagni inglesi su “Né insurrezionalisti nè riformisti: anarchici!” o l’altra sulla situazione dello Zimbawe e le prospettive anarchiche; la tavola rotonda sui nuovi territori dell’anarchismo, il dibattito sulla decrescita libertaria, animato da compagni della Federazione Anarchica Francese, i vari incontri dedicati alla crisi economica e alle risposte libertarie, l’affollatissima assemblea dedicata alla Grecia, l’incontro dei centri sociali, il dibattito sugli anarchici nei movimenti sociali spontanei (per noi Maria Matteo), la tavola rotonda sulle alternative anarchiche in atto (per noi Domenico Liguori), la presentazione del secondo volume delle opere complete di Errico Malatesta, che ci riguardava da vicino essendo coeditori come la Fiaccola con Zero in Condotta, la discussione sulla pedagogia libertaria, con Francesco Codello, il Meeting conclusivo, che ha deciso di non adottare nessuna dichiarazione finale, limitandosi a riportare le conclusioni delle varie assise svoltesi (Anarcha-femministe, abbastanza incazzate, IFA, Anarkismo, ecc.) e ad ascoltare i commenti dei vari presenti, benché non tutti si sono rapportati allo scopo dell’incontro, alcuni limitandosi a considerazioni personali su aspetti esistenziali e individuali… ma era l’assemblea finale e chi voleva poteva esprimersi.

C’è da dire che a lato degli incontri programmati, se ne sono svolti tantissimi organizzati spontaneamente dai presenti; ce n’erano praticamente in ogni giardinetto, piazzetta, scalinata, e le pareti dei locali dell’incontro erano tappezzati di avvisi e messaggi in varie lingue gran parte dei quali per dar vita a queste riunioni.

Incontri tutti affollati, dai più modesti, con 50/60 persone, a quelli con varie centinaia di partecipanti.

Il congresso dell’IFA si è svolto a porte chiuse, riservato solo agli aderenti, e si è aperto al pubblico solo la sera per alcune conferenze, come “Geografia e anarchia: lotte urbani, rurali, comunalismo e federalismo”, oppure “Analisi della situazione economica, politica e sociale”.

Altro, altro e altro ancora

Il Salone del Libro è stato per tutto il tempo l’altra grande agorà in cui ci si incontrava, scambiava materiale, acquistava libri, riviste, ma anche gadgets di ogni tipo; un grande tavolo era per le pubblicazioni gratuite. Davanti alla Patinoire, una tenda era il cinema dell’Incontro: oltre 50 proiezioni, alcune corte altre “normali”, una serie a tema: Utopia, Rivoluzione Spagnola, Militanti Anarchici/che, Sessualità, Potere e Autorità. Due grandi cucine popolari hanno sfornato pasti vegetariani e bio ad un minimo di 8 euro al giorno (colazione, pranzo e cena) per migliaia di compagni; sorpresi gli organizzatori per il gran numero di volontari che ha reso questo compito non solo una passeggiata, ma anche un ulteriore momento di socializzazione internazionale, rimarcato nel corso del Meeting di chiusura dai compagni cucinieri. Dopo il Meeting finale, gran pasto fra anarchici e popolazione nell’immenso spazio della Patinoire.

Anche il gruppo dei traduttori, purtroppo disponibili solo per alcune iniziative, ha lavorato alacremente per rendere al meglio una situazione che era difficile da gestire: lingue prevalenti il francese, l’inglese, il tedesco, lo spagnolo e… l’italiano.

26 concerti hanno allietato le serate, assieme a fiumi di buona birra. Con un abbonamento di 40 euro (precari 28) era possibile assistere a tutti gli spettacoli. I prezzi, giudicati un po’ alti, erano giustificati dalla necessità di coprire le ingenti spese organizzative. Posso solo dire che l’inaugurazione musicale è stata del nostro Alessio Lega, che ha dato il meglio di sé assieme ai suoi due bravi musicisti. Ogni genere musicale è stato presente nelle serata successive.

In tutti gli spazi era possibile, inoltre un collegamento internet WIFI con la password “anarcho-net”; è stato messo in piedi anche uno spazio bambini e un servizio di infermeria; per chi ha scelto il campeggio, un camping a prezzo politico, compresa la funicolare per raggiungerlo, era situato appena fuori il paese.

Divisi dalla lingua, uniti dall’anarchia

Per chi era a digiuno di lingue, certamente le conferenze, e ancor di più i dibattiti, sono stati una sofferenza; oltre ai traduttori “ufficiali”, con cabina e centinaia di cuffie a disposizione del pubblico, si creavano gruppi linguistici con traduttori occasionali; insomma, alla fine, in parte, certe difficoltà sono state superate. Nei gruppetti informali ai tavoli dei bar improvvisati, nelle mense, in giro per il paese, prevaleva, oltre al francese, all’inglese e allo spagnolo, l’arte di arrangiarsi che ha reso più semplici i rapporti. Molti stavano all’interno del loro gruppo linguistico, ma le occasioni per uscirsene non mancavano, erano cercate apposta, anche se non era semplice data la grande partecipazione spontanea e la non conoscenza reciproca tra molti compagni. Un po’ più organizzati in questo senso i settori dell’IFA e di Anarkismo, che non sono sfuggiti alle difficoltà di tutti.

E sia all’inizio che alla fine dell’incontro, i compagni esperantisti hanno insistito sulla necessità che il movimento anarchico si dedichi di più allo studio e all’utilizzo della lingua Esperanto, per superare gli evidenti ostacoli, risparmiare tempo e denaro. Sono stati accolti da un applauso, ma non so chi ascolterà poi sul serio il loro invito.

Conclusioni

In attesa che altri compagni presenti a Saint-Imier scrivano la loro su quest’esperienza, fornendo magari i necessari approfondimenti che questo già lungo report non poteva fornire, mi limito a concludere che l’Incontro ha risposto a tutte le aspettative che avevamo riposto in esso: non è stata una noiosa riproposizione di eventi storici lontani, ma una energica e viva riproposizione delle idee forza dell’anarchismo, partite da Saint-Imier 140 anni fa e approdate nel XXI secolo con la freschezza di chi sa di avere avuto ragione ieri e di averne ancora tanta oggi. L’Anarchismo, infatti, non solo è vivo e presente, ma le sue idee fondamentali (autogestione, assemblearismo, antigerarchismo, azione diretta) fanno parte integrante di movimenti popolari e di base sparsi in tutto il mondo, che pur non richiamandosi ad esso, ne hanno adottato i metodi (dagli Indignados ai vari Occupy, dalla Valle Susa ai movimenti indigeni, agli squatters, ai sindacati di base e libertari, alle scuole antiautoritarie e alternative, alle comuni, ai gruppi di acquisto, ecc.).

La scommessa partita da Saint-Imier nel 1872 è stata vinta. Sono stati 140 anni di sconfitte che hanno disegnato tuttavia la vittoria morale e politica dell’anarchismo, oggi più che mai alternativa concreta allo statalismo e al capitalismo.

http://www.sicilialibertaria.it/2012/08/21/saint-imier-incontro-internazionale-dellanarchismo-8-12-agosto-2012/

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Pratobello 1969: una vittoria del popolo sardo contro l’occupazione militare

La fine degli anni ’60 corrisponde con un fermento politico e culturale che non trova confini nazionali. Sono soprattutto le proteste uid_11a6da7bcc7.580.0studentesche a tenere banco sui giornali. In Sardegna però l’epicentro di questo fermento non saranno Cagliari e Sassari, dove sono presenti le due università sarde, ma paesi dell’entroterra e soprattutto della Barbagia. I paesi con la maggiore attività dei locali circoli culturali, base culturale ma anche logistica da cui partiranno le numerose lotte del mondo barbaricino, saranno tra i tanti, Mamoiada, Olzai, Gavoi, Baunei e Orgosolo. Proprio quest’ultimo è protagonista di tre importanti battaglie che avranno vita tra il novembre del ’68 e il giugno del ’69. La prima sarà una mobilitazione nota come “i quattro giorni della Repubblica di Orgosolo”, che ha portato alla destituzione della giunta comunale e all’insediamento al suo posto di una Assemblea Popolare.

La seconda rientra all’interno di una vasta mobilitazione delle comunità barbaricine, ogliastrine e della Baronia contro il progetto di costituzione di un parco nazionale nell’area del Gennargentu.
La terza, la maggiormente conosciuta, e’ la sollevazione dell’intera popolazione di Orgosolo contro il progetto di installazione di un poligono militare di tiro nel territorio comunale di Pratobello.                                                                                                                                         La particolarità della mobilitazione sta anche nelle analisi rispetto al progetto. L’istituzione del Parco Nazionale del Gennargentu e del Poligono di Tiro di Pratobello vengono inserite da parte dei locali centri culturali all’interno del medesimo disegno. Il problema principale per lo Stato Italiano era infatti la sua assenza nell’entroterra sardo, numerose inchieste e commissioni vedevano nella pastorizia la causa prima del banditismo e quindi dell’avversione verso Stato, visto dai sardi solo come esattore e repressore. “Commissione Medici” prima e “Progetto di Rinascita” si riproponevano di “liberare” i sardi dal lavoro nei campi, arruolarli nell’industria azioni che dovrebbero avere come conseguenza la scomparsa del banditismo. Il Parco Nazionale e il Poligono di Tiro, la Sardegna conta una percentuale di 66 basi militari su 100 di tutto il territorio italiano, rientrano all’interno dell’ottica di controllo della vasta zona ancora non colonizzata dallo Stato.

“Quella fu veramente una lotta di popolo, una lotta isolata, purtroppo, alla quale partecipò tutto un paese in difesa del proprio territorio comunale… Anche la preparazione di quella lotta fu essenzialmente opera del circolo; i partiti, i dirigenti dei partiti se ne interessarono anche loro, ma l’opinione mia e di noi del circolo è che lo facessero per circoscriverla, in un certo senso, perché effettivamente a pensarci bene, era un fatto veramente eversivo, da tutti i punti di vista, che la popolazione di un paese, di un piccolo paese, si fosse messa in testa di avere ragione dello Stato e dell’esercito”. Intervista a Giovanni Moro del circolo culturale di Orgosolo.

Ultima settimana di giugno del ’69, a Pratobello sono ormai pronti i militari della Brigata Trieste per occupare i terreni destinati al pascolo e cominciare le esercitazioni. A Orgosolo nei giorni prima dell’occupazione si svolgeranno assemblee popolari, volantinaggi rivolti a studenti e operai della vicina Nuoro e cortei sempre più partecipati come quello del 19, data prevista per l’inizio delle esercitazioni. Alle prime luci dell’alba , un ampio gruppo di orgolesi, si avvio verso la provinciale che porta a Pratobello incontrando una prima autocolonna di mezzi militari. Venne predisposto un blocco che subì il lancio di tre bombe a mano da parte dei militari che fortunatamente non provocò vittime. I militari non potranno eseguire le esercitazioni a causa della presenza determinata degli orgolesi.
Comincia così una mobilitazione che si concluderà il 27 Giugno con la vittoria della popolazione locale e la dipartita dei militari. Lotta che ebbe il suo apice il 23 Giugno quando i militari eseguirono una vera e propria “caccia all’uomo” con carri armati ed elicotteri fermando e trasferendo nella vicina questura di Nuoro centinaia di persone, arrestandone diverse altre senza però riuscire ad intimidire la popolazione. La violenza di quei giorni da parte dei militari costrinse sindacati e partiti, fino ad allora rimasti in disparte e spesso favorevoli al poligono, ad appoggiare la protesta, condannando l’uso indiscriminato e immotivato della forza da parte di polizia e carabinieri, chiedendo l’immediata liberazione dei fermati, rivendicando piani di sviluppo economico fondati su progetti che non riducessero l’Isola ad un’enorme base militare e il diritto delle popolazioni di decidere sul destino del proprio territorio.

Alcuni estratti di interventi di braccianti e operai durante le assemblee popolari danno il senso della determinazione e dell’unità degli orgosolesi in questa lotta.
Uno stralcio di un documento del circolo culturale “Noi continueremo lo sciopero finchè tutti i militari non se ne saranno andati e attenzione a quello che fate – rivolgendosi a poliziotti e soldati – perché qui non siamo né ad Avola, né a Battipaglia

E ancora un compagno bracciante spiega molto serenamente dal cassone di un camion da dove parlavano gli oratori ” tutti iimages manifestanti hanno intenzione di operare in modo non violento, ma se da parte delle forze dell’ordine si ricorrerà alla violenza, allora anche gli scioperanti risponderanno con la violenza“.

Da quell’estate Orgosolo e’ diventata meta turistica di migliaia di viaggiatori attratti dai murales che raccontano quella ed altre lotte popolari in giro per il mondo.

fonte: infoaut.org (http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/1882-pratobello-1969-una-vittoria-del-popolo-sardo-contro-loccupazione-militare)

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Il libro delle facce

Facebook. Il Leviatano del Mondo Nuovo

Si fa un gran parlare di Facebook, anzi, diciamo pure ormai che forse l’argomento è un po’ stantio: dopo il film, la quotazione stellare alla borsa di Nuova York e i fiumi di notizie quotidiane sul colosso della rete sociale (compresi gli inevitabili aggiornamenti sulla vita pubblica e privata del suo fondatore), sembra che ci sia rimasto poco da dire a riguardo.       E certamente non spero io, piccolo piccolissimo parassita della rete globale, di aggiungere novità al già noto … eppure c’è una giustificazione per un articolo del genere – altrimenti inutile – e si lega più in generale alla posizione del mondo libertario nei confronti del sociale virtuale, quello del web 2.0.                                                                                                    Facebook è senza dubbio lo specchio di questi nostri tempi che viviamo, sarà ricordato dagli storici come il fenomeno più importante di questi decenni e senza dubbio giocherà – come già sta facendo – un ruolo sempre più importante nelle vite di noi tutti, e non ci vuole certo la palla di cristallo per simili affermazioni!                                                                        Premetto, per dovere di cronaca che – pur essendo io un convinto fautore della tecnologia e un grande utilizzatore di mezzi e strumenti tecnologici – non posseggo né
ho mai posseduto un account su facebook (mentre invece circa 3 anni fa ebbi un account twitter – in tempi assolutamente non sospetti – per poche settimane, salvo poi rendermi conto che non mi serviva a nulla).                                                                                                Ma nonostante la mia assenza dal suddetto network sociale, negli ultimi anni ho forzatamente dovuto più volte scontrarmi con facebook, la sua invadenza e le molteplici critiche mossegli dalle più svariate parti (si veda per un riassunto generale delle mole di critiche l’ottima e completissima pagina di wikipedia in inglese, http://en.wikipedia.org/wiki/Criticism_of_Facebook).
I problemi che sono stati evidenziati negli anni (e alcuni anche risolti strada facendo) riguardano davvero uno spettro enorme di questioni: in primis senza dubbio la gestione dubbia e senza scrupoli di una mole impressionante di dati sensibili che fanno gola a un sacco di gente piena di soldi là fuori. Immaginate di avere a disposizione una banca dati con i gusti, le abitudini, i sogni di milioni e milioni di persone (suddivisi per classi di età, istruzione, religione, sesso, etc.) … capite immediatamente da soli qual è il vero capitale di Facebook. Ma non pensiamo solo all’interesse spasmodico dei grandi colossi multinazionali per queste banche dati (il cosiddetto data mining): spesso forze di polizia di vari paesi hanno avuto pieno accesso a questi dati, vista la politica estremamente collaborazionista dei vertici aziendali. Ed è anche bene ricordare che facebook rappresenti un unicum giuridico: infatti l’azienda è proprietaria dei contenuti che gli utenti caricano nei rispettivi profili, ma non giuridicamente responsabile degli stessi!
Un paradosso, si potrebbe pensare, e invece no … una nuova prospettiva per la giurisprudenza e una pacchia per l’azienda, che tollera account decisamente “particolari” (invoca la libertà di parola per difendere l’esistenza di gruppi negazionisti), ma richiede con una circolare interna la rimozione di tutte le foto di donne che allattano al seno in quanto violano le norme anti-pornografia dell’azienda stessa!
Ma oltre la privacy (che coinvolge ovviamente anche altre questioni, qui tralasciate per problemi di spazio), ci sono una serie di altri aspetti che rendono sempre più controverso
l’utilizzo di facebook (cito sempre dalla pagina inglese di wikipedia, già ricordata sopra): si va da problemi psicologici e personali quali l’aumento dei divorzi che citano proprio il profilo su facebook del coniuge (e la qualità o la quantità dei contatti presenti) come causa della separazione, a un generale peggioramento della qualità della propria vita sociale a seguito delle difficoltà connesse con la gestione di un account e di numerosi amici virtuali (i quali spesso richiedono “etichette” di comportamento differenti), a problemi tecnici (come il tracciamento – tramite cookies- degli utenti che hanno disattivato il loro account).            Ma tutte queste cose le trovate navigando in giro per la rete e non voglio ripeterle qui: il punto spero interessante per questo giornale e per i nostri lettori è un altro … da anarchico o libertario, o simpatizzante di questi approcci alla vita e alle cose, come ci si deve porre nei confronti di Facebook? Premetto che io non sono un grande fautore di impostazioni di parte o di partito, cui i militanti si devono allineare: viva il relativismo, sempre e comunque.   Però nella rilassatezza della consapevolezza che ognuno può e deve fare ciò che gli aggrada maggiormente senza censori di sorta, bisogna anche ammettere che condividere una visione del mondo espone un gruppo – per quanto anticentralista e antiautoritario come il nostro – a una morale collettiva, non coercitiva nei confronti dell’individuo, per carità … ma comunque esistente e presente, una guida insomma.
Dunque pongo la domanda terribile: io, da anarchico, come mi devo porre nei confronti di Facebook?
Da parte mia posso solo provare a dirvi il mio modo di vedere la cosa (e vi prego di accoglierlo in quanto tale, un modesto parere): l’anarchico nel nostro mondo vive una situazione difficile; da una parte sa bene che le cose che non vanno sono tante, ma dall’altro deve vivere: possiamo negare forse che le compagnie petrolifere rappresentino una piaga nel nostro mondo, causano guerre, inquinamento, sfruttamento di territori e persone e altre cose terribili? Certamente no: eppure a molti di noi (a tutti?) capita di dovere utilizzare un’auto, magari anche per andare a un incontro del movimento, o per presentare un libro anarchico … Facebook per me è la stessa cosa: so che – permettetemi una semplificazione – è il male, ma capisco bene che per molte persone rappresenti una risorsa, un’occasione o anche solo uno svago o chissà che altro.                                                               Io personalmente ho risolto questo dilemma di vita così, con un relativismo individualista: l’individuo può e deve essere libero di fare ciò che lo fa stare meglio nel mondo che vive (fuma le sigarette delle megacorporation del tabacco? Non c’è problema, se la cosa lo fa stare bene). Se invece ci si sente di potere rinunciare a queste nocività, ben venga un’attitudine più “hardcore”: inutile dire che per me Facebook è assolutamente nella lista delle cose cui è possibile rinunciare!
Una disciplina ancora più severa ho imposto ai progetti libertari (non più di individui dunque parliamo, ma di collettivi, gruppi e quant’altro) di cui sono stato parte negli anni, e trovo che scegliere una maggiore “integrità” in questi contesti sia di vitale importanza: se spingiamo per uno stile di vita differente, se speriamo che il mondo cambi anche con la nostra azione, allora dobbiamo pensare di evitare il coinvolgimento (anche economico, visto il guadagno enorme che queste aziende fanno sui nostri account, sui nostri contenuti!) in tutte queste realtà “cattive” e cercare il più possibile canali alternativi, sforzarci di non appiattirci sull’ovvio, sul massificato.                                                                               Naturalmente anche a questo riguardo – cioè a quello dei gruppi anarchici o libertari che utilizzano facebook – molti (compreso il giornale che leggete) preferiscono contrapporre il sempre valido punto della propaganda, del raggiungimento del maggior numero di persone: è un punto importantissimo e fondamentale, e non può certo essere ignorato come se nulla fosse.
E dunque, per concludere, come è giusto che sia, non esiste una risposta, che sia una sola e univoca.
Però c’è una cosa che secondo me dobbiamo mantenere chiara: cosa è anarchico e cosa non lo è affatto. E Facebook non lo è.
«Col facebook magari avrai limonato, avrai conosciuto l’amore della tua vita, o fatto tante belle feste, avrai pubblicato le foto e i video del tuo gruppo di pilates, espropriato un supermercato e fatto pure la rivoluzione, e intanto faccialibro ha incassato miliardi di dollari.                                                                                                                                                Tu c’hai messo i contenuti, le relazioni umane, gli affetti, le malattie veneree, il sangue e il corpo, loro ci hanno messo tanti computer, un tot di codice, una strategia di marketing, e qualche milione di dollari, poi sono stati a guardare i soldini piovere nelle loro tasche […]»

da cavallette.autistici.org                                                                                                                          ■
Gianpiero

Fonte: www.sicilialibertaria.it

Link pdf al numero di maggio di Sicilia Libertaria, da cui è tratto l’articolo riportato: http://www.sicilialibertaria.it/wp-content/uploads/sicilialibertaria317.pdf

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Pensierino sul due giugno

Le Forze Armate stanno sfilando lungo i Fori Imperiali, oggi festa della Repubblica. A parte il fatto che non trovo alcuna correlazione tra le due cose. A parte il terremoto. A parte che la trovo una cosa molto fascista, più che antifascista. In ogni caso la marcia dei bei soldatini mi fa imbestialire ogni anno.

Il punto è che continuiamo ad acclamare i militari alle parate, a portarci i bimbi coi cappelli da alpino perché sventolino le bandierine tricolore, e chiamare eroi i “coraggiosi angeli” in missione. Chi denigra l’esercito invece incorre in illecito penale per vilipendio (e fino al 2006, rischiava il carcere). Eppure neanche i più grandi ingegni sanno dirci quale sia la natura dell’uomo, e se la guerra sia o meno un male del mondo fatalmente inevitabile.

Perché allora non facciamo una cosa intelligente e ci comportiamo in modo opposto, ci leviamo dalla testa gli ideali di onor patrio ed eroi nazionali, e insegniamo alla gran massa fin dalle scuole elementari il disprezzo verso la bandiera e la divisa, lo schifo davanti alle armi e alle parate, l’antimilitarismo il pacifismo e la nonviolenza? Un cambiamento solamente culturale che cominci da qui, non mi par di chiedere tanto, oggi nel 2012.

E poi ne riparliamo, se la guerra è inevitabile.

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